LUCI E OMBRE NELL’ACCORDO-QUADRO SUL PUBBLICO IMPIEGO
Corriere della Sera, 19 gennaio 2007
La notizia buona è che il recupero di efficienza dell’amministrazione pubblica è stato indicato da governo e confederazioni sindacali maggiori come obbiettivo prioritario dei prossimi rinnovi dei contratti per i dipendenti statali. Parrebbe ovvio, ma non lo era e tuttora non lo è affatto: basti considerare il malumore con cui questo pre-accordo è accolto da molti dirigenti sindacali del settore e da una parte della stessa maggioranza. La notizia meno buona è che il documento firmato ieri presenta dei difetti vistosi; per esempio dove prevede la mobilità solo se “volontaria”, anche nei casi più gravi di sovradimensionamento degli organici: ingiusto privilegio degli impiegati pubblici rispetto ai privati. Qualche squilibrio: è giusto prevedere una valutazione rigorosa dell’efficienza dei dirigenti, perché occorre incominciare da lì; ma la legge prevede un obbligo di efficienza e diligenza anche in capo a tutto il personale non direttivo, che invece sembra essere esentato da una puntuale valutazione. Qualche vistosa lacuna, dove il documento avrebbe dovuto passare dai buoni principi all’indicazione di alcuni passaggi-chiave indispensabili perché essi non restino sulla carta: bene il principio della valutazione e misurazione dell’efficienza delle strutture, benissimo quello di dare voce in proposito alla cittadinanza, ma come li si attuano concretamente? Qui si apre uno spazio di iniziativa importante per il Parlamento: spetta al legislatore adottare alcune misure che garantiscano effettività e concretezza a quei principi, che attivino gli incentivi giusti per indurre il management pubblico a fare fino in fondo il suo dovere. Alcuni gruppi parlamentari, infatti, si stanno muovendo su questo terreno. Sarebbe inammissibile che il pre-accordo di ieri venisse inteso dai sindacati che lo hanno stipulato, e ancor più dal governo, come impedimento a questa iniziativa.

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